Dal punto di vista operativo possiamo definire l’EBM come l’integrazione tra l’esperienza e la capacità clinica di ciascun medico da un lato, e le “evidenze esterne” (prove) derivanti dalla ricerca sistematica dall’altro. David Sackett ha suggerito di articolare il percorso decisionale clinico in una serie di gradini.
- Trasformare un bisogno informativo in un quesito al quale è possibile dare una risposta.
- Reperire la “best evidence” utile per dare risposta ai propri interrogativi.
- Valutare criticamente le prove raccolte, chiarendone la validità, l’impatto (misura l’effetto) e la loro trasferibilità alla pratica clinica.
- Integrare la valutazione della letteratura con la propria esperienza clinica e con i dati biologi e anagrafici del malato, nonché con i valori umani e le preferenze espresse da quest’ultimo e con le circostanze specifiche del caso.
- Valutare l’efficienza e l’efficacia dell’esecuzione dei passaggi prima descritti e considerare nuove modalità per migliorare il processo decisionale.
Come abbiamo visto, l’EBM si propone innanzitutto di migliorare l’assistenza al malato, promuovendo una sintesi tra i dati derivanti dalla propria esperienza (le cosiddette conoscenze “interne”) e le migliori conoscenze scientifiche disponibili (conoscenze “esterne”). Prima di cercare i dati piú aggiornati, l’operatore sanitario deve accettare di mettere in discussione il proprio comportamento che fino a quel momento ha informato l’assistenza ai propri malati, ed essere disposto a modificare tale comportamento in base a quanto emerge dall’analisi critica dei dati scientifici riscontrati.
A seconda del quesito e delle caratteristiche di un problema, quindi, il metodo dell’EBM può trovare applicazione da parte di diverse categorie professionali e a diversi livelli del sistema sanitario. Nel campo dell’assistenza infermieristica, per esempio, si parla specificamente di evidence-based nursing (EBN). Inoltre, mentre l’approccio suggerito da Sackett s’impernia espressamente sul rapporto individuale tra medico e malato, un suo possibile ampliamento a livello “sistemico” è quello formulato da Muir Gray (1997) della Evidence-based Healthcare (EBHC), ossia l’assistenza sanitaria basata sulle prove.
Il carattere universale dei principi della EBM deriva proprio dalla necessaria procedura prospettica e trasparente, che consente di rispondere a quesiti clinici o assistenziali chiaramente formulati attraverso la valutazione di dati il più possibile lineari e non condizionati, ricavati dalla letteratura scientifica più autorevole.
A cura di:
Dott. Horand Meier, Direttore del servizio di diagnostica gastroenterologica funzionale,Reparto Medicina I – Ospedale di BressanoneBibliografia
- Evidence-Based Medicine Working Group. Evidence-based medicine. A new approach to teaching the practice of medicine. JAMA 1992;268:2420-5.
- Sackett DL, et al. Evidence-based medicine: what it is and what it isn’t. BMJ 1996; 312:71–2.
- Sackett DL, et al. Evidence-based medicine. How to practice and teach EBM. 2a ed. Edinburgh: Churchill Livingstone, 2000.
- Gray M. Evidence-based healthcare. Edinburgh: Churchill Livingstone, 1997.
- Jenicek M, Hitchcock DL. Logic and critical thinking in medicine. Chicago: American Medical Association Press, 2005.
- Jenicek M. Foundations of Evidence-based medicine. New York: Parthenon Publishing/CRC Press, 2003.